21 Novembre 2024
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Il Monastero di Colloreto

Calabria da scoprire...
scritto da Pugliese il 01-08-2024 18:30
Domenica 13 settembre, noi dell’Associazione Culturale Mistery Hunters, accompagnati da Ines e Francesco di Mystica Calabria, abbiamo fatto tappa ad un luogo che tutti noi notiamo quando dall’autostrada andiamo verso Nord nella zona del Pollino: si tratta dei resti del Monastero Agostiniano di Colloreto. I ruderi del monastero di Colloreto si trovano a circa 7 km dall'abitato di Morano Calabro, a 910 m di quota, in cima a un costone roccioso attraversato dalle gallerie dell'autostrada, immerso in grandi boschi di elci e faggi alle falde del Pollino. Il monastero di Colloreto, la cui etimologia appare incerta, (probabilmente da Colle Loreto in onore della Vergine di Loreto, o da colorìto, termine che ne designerebbe la ridente e pacifica posizione) fu fondato nel 1546 dal Beato Bernardo da Rogliano (il vero nome era Leonardo Milizia), eremita che si ritirò nell'entroterra di Morano abbracciando la regola di Sant'Agostino, forse sui ruderi di un edificio più antico. Un tale Giovanni Leonardo Tufarello così descrive questo luogo: "ch’egli è un picciol colle irrigato da bei ruscelli e inargentati rivoli di freschissime acque i quali del continuo lo rendono colorito". Questo sito nel 1546 nella Platea et sentencia Morani, foglio 22, viene ricordato come "valle di Collorido". Nel 1560, tramite bolla papale ratificata da Papa Paolo V, la Congregazione di Colloreto, chiamata “Santa Maria di Colloreto di Morano di Calabria Citra dell’ordine eremitico di Sant’Agostino dell’Osservanza”, fu ufficialmente riconosciuta e divenne molto potente e facoltosa. Gli Agostiniani di Colloreto, infatti, si distinsero rispetto agli altri ordini ecclesiastici presenti a Morano, per le commissioni di alto livello artistico fatte pervenire nella loro Chiesa. Il cenobio poté godere della protezione di molti nobili del luogo, oltre che della particolare munificenza di Erina Kastriota Skanderberg, moglie del feudatario Pietro Antonio Sanseverino, per grazia ricevuta in seguito alla nascita di Nicola Bernardino (1551-1606), ultimo dei Sanseverino. Il monastero, accrescendo il suo patrimonio e la sua influenza, subì numerosi attacchi alla sua sopravvivenza, soprattutto a causa delle ingenti proprietà fondiarie che andò cumulando nel corso degli anni e col tempo venne soppressa: una prima volta, nel 1751, da Papa Benedetto XV, trasferendo i suoi beni al Reale Albergo dei Poveri che doveva essere eretto in Napoli. Il convento e le sue pertinenze furono riacquistati nel 1752 dagli Agostiniani calabresi e rimasero in attività fino al 7 agosto del 1809 quando Gioacchino Murat, ordinando la soppressione di tutti monasteri posseduti dagli ordini religiosi, ne decretò la definitiva scomparsa. Da quel momento in poi il convento fu scippato di tutti i suoi tesori e della sua gloria rimane ben poco, ma alcuni elementi sono visibili ancora sul luogo come la chiesa sul cui muro terminale si dipartono tre nicchie, la bella torre campanaria rotonda e le stalle, segno di un centro molto frequentato. La chiesa, ad una sola navata, orientata a ponente, era inglobata nel convento circondato da alte mura e da due torri campanarie coperte da ampie feritorie, utili contro gli assalti cui il luogo era esposto. Non è da escludere che terminassero con un tetto conico. Molto bello è il particolare della vecchia fontana antistante il convento ricavata nella pietra, un enorme vasca circolare posta su un piedistallo, che ci dà l’idea della bellezza di questo luogo nei secoli passati. Le opere d'arte presenti nel monastero, anche i suoi interni dovevano apparire sontuosi e ricchi, furono trasferite nelle chiese dei paesi limitrofi, dove ancora oggi si possono ammirare: un crocifisso ligneo si trova a San Basile, un calice d'argento, datato 1677, usato per le occasioni solenni, e il quadro raffigurante l'elemosina di S. Tommaso del 1719 firmato Aloisius Cac…G.J sono pervenuti a Santa Maria del Colle di Mormanno, le statue di Santa Lucia e Santa Caterina, opere giovanili di Pietro Bernini, insieme ad un'altra della Vergine detta della Candelora furono portate nella chiesa di S. Pietro a Morano e nello stesso borgo, ma nella Collegiata della Maddalena trovarono posto i marmi di S. Agostino e Santa Monica, collocati sull'altare maggiore. A tale ordine, possessore anche di tre case in Morano, appartennero una chiesa a Viggianello (1598), una ad Orsomarso (1601) e una cappella o chiesa a Mormanno, Santa Maria del Serrone, distrutta da un fulmine nel 1844. Molto particolari le grotte che abbiamo trovato ai piedi del monastero di cui non abbiamo trovato documentazione. Mentre passeggiavamo tra i ruderi Ines ci ha illustrato la storia e l’architettura del luogo ma ad un tratto si ferma in un ambiente interno e ci racconta di un “fatto realmente accaduto” che sa di leggenda: alcuni anni fa un gruppo di turisti americani facendo visita ai ruderi di Colloreto si sono imbattuti in un gruppo di uomini dall’aspetto “singolare” ma minaccioso. Gli escursionisti forestieri avvicinandosi si sono resi conto che in realtà si trattava di figure eteree e in preda al terrore sono scappati via. Solo quando i fuggitivi si fermarono e ripresero fiato fu chiesto loro nel paese cosa fosse successo. La risposta, tra i vari farfugliamenti, fu imprevedibile: “The ghosts robbers!” (I fantasmi dei briganti!). Essi avevano scorto improvvisamente ombre nere di uomini armati, facce poco rassicuranti e aggressive, armati di fucili con la canna ad imbuto, capelli e barbe lunghe, abiti di foggia strana sporchi e stracciati, in vita avevano legati alla cintola dei pugnali e delle sacche di pelle, coperti da lunghi mantelli, pantaloni al ginocchio e dei calzari che intrecciavano le gambe con lacci di cuoio; ma i loschi figuri erano di un colore grigiastro, quasi trasparenti! Inutile dire che, appena i turisti furono arrivati in un albergo che disponeva di PC con collegamento ad internet, si documentarono sul luogo e sulla storia del brigantaggio, trovando le immagini che ritraevano i briganti calabresi: corrispondevano. Non era certo stata un’allucinazione collettiva poiché era avvenuta contemporaneamente ma in luoghi diversi del sito: all’ombra le figure erano scure e alla luce grigie e trasparenti. La “spiegazione” (semmai ce ne fosse una razionale) di quelle presenze fu data loro dalla citazione di Norman Douglas che passò da questo luogo: «In un anfratto ombroso ai piedi delle montagne (...), sorge un'imponente costruzione merlata: è un monastero, detto il Colorito, ora in rovina. I francesi lo bombardarono perché ospitava i briganti alleati dei Borboni».



Testi: Alfonso Morelli



Foto: Alfonso Morelli con la collaborazione di Francesco Propato, Federica Sacco, Luigi Perna, Walter Palermo

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